Milan, il problema è alla radice: Stefano Pioli
Il pareggio di Lecce ha lasciato l’amaro in bocca al mondo rossonero. Avanti di due reti, la squadra si è sciolta e ancora una volta il tecnico emiliano si è reso protagonista dell’ennesima rimonta subita. Ormai è un sopportato, la luna di miele con il tifo è finita, basta fare un giro sui social. Si è passati dallo storico motto “Pioli Is on Fire” all’hashtag “Pioli out”. L’allenatore dei cinque esoneri in carriera si è normalizzato dopo il diciannovesimo scudetto di due anni fa. Non ha dato un seguito a quel successo e tanto è accaduto. A cominciare dall’addio di Zlatan Ibrahimovic e all’esautorazione di Paolo Maldini e Frederic Massara che volevano la testa del tecnico. Avevano torto? Probabilmente no, vista la situazione attuale. Joseph Cardinale ha preferito buttare a mare la leggenda rossonera e dare carta bianca a Giorgio Furlani e Geoffrey Moncada. Per disaccordi totali sulla linea di mercato e sulla guida tecnica. E oggi raccoglie i cocci: Inter e Juventus lanciate a giocarsi il titolo, qualificazione agli ottavi di Champions League in bilico, infortuni a catena, formazioni sbagliate e cambi altrettanto cervellotici, giocatori scontenti. Stefano Pioli è un generale fortunato: lo salvano il contratto in essere fino al 30/06/2025 (con un esonero resta a libro paga….) e la voglia da parte della proprietà di dimostrare che aveva ragione a volerlo tenere…Ma quanto può durare questa situazione con un allenatore ormai inviso alla quasi totalità della tifoseria rossonera? Visti i risultati ottenuti la scorsa stagione, altrove sarebbe stato mandato a casa. Riepilogo: qualificazione alla Champions League ottenuta solo grazie alla penalità inflitta alla Juventus; eliminazione dagli ottavi della Coppa Italia per mano del Torino infarcito di baby nei tempi supplementari; scoppola nel derby di Supercoppa Italia (3-0 ndr) e anche in quelli di campionato e Champions League, gare perse tutte allo stesso modo, un allenatore che perde tutti i derby e rimane ancorato al suo posto fa riflettere; semifinale di Champions League raggiunta solo grazie alle strepitose parate di Mike Maignan distribuite fra la gara di andata e ritorno. Per molto meno sono stati esonerati fior di allenatori come Thomas Tuchel e Julian Nagelsmann. Resta da capire da dove deriva l’incrollabile fiducia della società nei confronti di un allenatore che ha sbagliato tanto e continua a sbagliare. Anche oggi pomeriggio con il Lecce: era il caso di mandare in campo dal 1′ Rafael Leao dopo le fatiche europee? Infatti si è fermato per un problema muscolare al 9′. Stessa cosa per Davide Calabria reduce da un duello tutto scatti con Kylian Mbappé. Poi è un tipo di allenatore che ha i suoi pallini, tipo Rade Krunic. Parlano i risultati: da quando il centrocampista bosniaco è rientrato dall’infortunio il periodo buono del Milan è finito. Con Yacine Adli il gioco scorreva fluido e più vario. Con il francese in campo i rossoneri avevano inanellato una serie positiva di risultati. Cosa spinge il mister a continuare a puntare su un giocatore che non ha nelle corde il ruolo di regista in mezzo al campo? Altro punto dolente: i giovani. All’ estero se hai 17/18 anni e vali ti buttano dentro. Sicuro che i vari Davide Bartesaghi, Kevin Zeroli, Clinton Nsiala-Makengo, Jan-Carlo Simic non siano in grado di tenere il campo ad alti livelli? Stefano Pioli non si è mai distinto come un allenatore che ha fiducia nei giovani e li lancia. Per esempio Pierre Kalulu fu lanciato dagli infortuni, altrimenti stava nelle retrovie. Stessa cosa Malick Thiaw, ammuffito per mesi in panchina prima di diventare una colonna della difesa. Adesso con la sosta per le nazionali, la società avrebbe anche l’opportunità di dare una svolta e cambiare il clima a Milanello. Lo faranno?