Il caso Robinho: attacco frontale da Lula
In attesa della sentenza della Corte Superiore di Giustizia Brasiliana (STJ) e di conseguenza l’esito del suo destino, Robinho ha ricevuto una pesante critica da parte del presidente del Brasile Lula che, senza mezzi termini, ha indicato la via all’ex attaccante del Milan dopo la condanna di 9 anni per stupro subita in Italia: “Robinho è già stato condannato in Italia e avrebbe dovuto scontare la pena qui. Sarà processato questo mese e spero che paghi il prezzo della sua irresponsabilità. Lo stupro è un atto imperdonabile, un crimine. Tutte le persone che commettono il reato di stupro devono andare in prigione senza se e ma. Robinho è stato più fortunato del 99% dei giovani brasiliani, ha guadagnato tanti soldi ed è diventato molto famoso. Non aveva assolutamente bisogno di farlo”. Il 40 enne è stato condannato in via definitiva in Italia per lo stupro di gruppo di una donna avvenuto nel 2013 e si trova attualmente libero nel suo Paese, che non concede l’estradizione dei suoi cittadini verso altri Paesi. Qualora il tribunale brasiliano non dovesse esprimersi a favore dell’omologazione, Robinho rimarrebbe in libertà a meno che non decida di tornare in Italia per pagare il suo conto con la giustizia, cosa che logicamente non farà. Classe 1984, scoperto a 12 anni da Pelè, Robinho iniziò la carriera di calciatore nel Santos per poi trasferirsi in Europa nel 2005, prima al Real Madrid, poi al Manchester City e infine, nel 2010, al Milan (108 partite con i rossoneri), dove rimase fino al 2014 nonostante avesse un contratto fino al 2016. Dopo una parentesi in Cina, nel 2020 tornò al Santos, tra l’altro con un ingaggio simbolico da 220 euro, ma si svincolò presto per concentrarsi sul processo milanese. Ha vestito per 100 volte la maglia della Nazionale carioca. Un soggetto del genere non dovrebbe avere nemmeno il coraggio di guardarsi allo specchio.
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