Milan, le magagne di una società inesperta: quale futuro?
Dopo il pareggio interno con il Torino è il momento delle riflessioni fra Milanello e Casa Milan. Il precampionato in qualche modo aveva illuso. L’inizio della stagione ha riportato l’ambiente con i piedi per terra e la cessione di Pierre Kalulu alla Juventus ha lasciato perplessi tifosi e addetti ai lavori. Il Milan ha ceduto un classe 2000 a prezzo praticamente di saldo, capace di giocare interpretare più ruoli in difesa e che con Thiago Motta diventerà una colonna del nuovo corso accanto a Gleison Bremer. In pratica i rossoneri sono andati a rinforzare una diretta concorrente allo scudetto, colpa grave. Non solo, contro i granata il Milan è sceso in campo senza un vice Theo Hernandez, adattando Alexis Saelemaekers nel ruolo di terzino sinistro e i risultati si sono visti. Fra l’altro partito Olivier Giroud è arrivato Alvaro Morata che è un centravanti di manovra e che non ha mai segnato caterve di reti. La sua riserva è Luka Jovic, in declino ormai da anni: il suo lo fa sempre, ma per gli obiettivi del Milan non può bastare. Si è parlato tanto di progetto giovani, intanto è stato ceduto il promettente Jan-Carlo Simic (Anderlecht) ed è stato lasciato andare Clinton Nsiala-Makengo (Rangers Glasgow). Dopo la positiva prova nelle amichevoli i vari Mattia Liberali, Alexis Jimenez, Kevin Zeroli, Francesco Camarda sono stati emarginati nel Milan Futuro. Manca alla base il coraggio di osare, problema generale dei club italiani. E’ stato scelto un allenatore low-cost (uno dei meno pagati della serie A) come Paulo Fonseca, la cui professionalità non è in discussione, ma finita l’era Stefano Pioli occorreva un salto di qualità. Allenatori tipo Antonio Conte, Jurgen Klopp, Thomas Tuchel, Roberto De Zerbi per intenderci. Insomma, tecnici di altro profilo. Il problema sta a monte, nell’inesperienza delle figure dirigenziali e andiamo a vedere il perché: il proprietario Joseph Cardinale vive negli States, l’amministratore delegato Giorgio Furlani non ha nessuna esperienza nel mondo del calcio, Paolo Scaroni è un presidente di rappresentanza e delegato alla questione stadio, Zlatan Ibrahimovic si è improvvisato dirigente da un giorno all’altro e non può avere quelle conoscenze che per esempio Paolo Maldini aveva acquisito lavorando al fianco di Aranjo Leonardo, il direttore sportivo Antonio D’Ottavio non ha poteri di scelta e risponde agli input dall’altro, il capo dell’area scouting Geoffrey Moncada è il migliore nel suo lavoro ma è tremendamente esterofilo. Ci leghiamo a quest’ultima figura per fare notare come il Milan sia diventata una squadra internazionale , l’anima italiana è praticamente sparita. Quando i grandi cicli milanisti sono originati dallo zoccolo duro degli italiani, basti pensare al Milan di Arrigo Sacchi con i vari Franco Baresi, Mauro Tassotti, Filippo Galli, Alessandro Costacurta, Alberigo Evani, Demetrio Albertini venuti fuori dal vivaio. Magari l’annata prenderà una piega positiva, ma ad oggi le magagne fra campo e scrivanie sono evidenti a occhio nudo. Chiosa finale: la cessione di Daniel Maldini al Monza è servita per recidere definitivamente il cordone ombelicale della famiglia con il Milan. Non è stata una scelta meramente tecnica, il che fa capire molto sul management attuale. Si stava meglio quando era peggio pensano i tifosi sui social, ricordando i fasti della famiglia Singer.
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