Roma, Mourinho vuole restare: i Friedkin indugiano
Domenica scorsa, José Mourinho è uscito platealmente allo scoperto dichiarando, nel post partita di Bologna-Roma, di voler rinnovare il contratto con la società giallorossa, in scadenza il prossimo giugno. Il tecnico giallorosso da settimane stava girando attorno all’argomento, ripetendo ogni volta che parla quotidianamente con la proprietà ma non del futuro. L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport fa il punto della situazione: la Roma è alla vigilia di una serie di partite delicatissime, con i giallorossi che affronteranno in sequenza Napoli, Juventus, Atalanta e Milan, con anche l’impegno in Coppa Italia contro la Cremonese il prossimo 3 gennaio. A febbraio, poi, ci sarà lo spareggio di Europa League contro il Feyenoord, altro snodo fondamentale della stagione. L’impressione quindi sottolinea la rosea è che i Friedkin vogliano aspettare e vedere come evolverà la stagione. I rinnovi, in questo momento, non sono una priorità e questo vale per tutti, anche per il General Manger Tiago Pinto, anche lui in scadenza di contratto, così come per i calciatori. Mourinho vorrebbe chiarire il suo futuro entro febbraio e, a quella data, già si capirà la piega che avrà preso la stagione della Roma, tra il percorso in Europa League e la corsa a un posto Champions per la prossima stagione. Lo Special One vuole restare e se andrà via “non sarà per colpa sua”. La palla è nei piedi della proprietà americana che valuterà risultati e reazioni di una piazza che ancora pende dalla parte di Mou. Disposto ad accettare anche un progetto giovane, disponibile ad abbassare le pretese di un mercato che però dovrà trovare una direzione giusta e non accontentarsi dei resti delle big. Ma quali sono i pro e i contro di un eventuale rinnovo? Proviamo a spiegarli. Il pollice in su: perché è Mourinho direbbe qualcuno. E in effetti la possibilità di diventare la squadra più longeva della carriera del tecnico che ha vinto 26 trofei è quasi un vanto. Ma non è solo questo. Perché uno di quei trofei l’ha vinto e un altro l’ha solo sfiorato per colpa dell’arbitro Taylor. Roba di 7 mesi fa, non una vita. Lo Special One ha portato risultati insperati in Europa, mai visti dai giallorossi. Ha valorizzato giocatori che una volta andati via hanno mostrato tutte le loro carenze: da Ibanez a Zaniolo passando per Tahirovic. E attirato quei pochi big che altrimenti non sarebbero arrivati: Abraham, Dybala, Matic e Lukaku. La sua sola presenza attira media, sponsor, amici e nemici. È il centro nevralgico di un club che non ha dirigenti di spessore e che fatica a trovare una stella che metta d’accordo tutti. La sua di stella è seguita da tanti: squadra, staff, tifosi. Quelli che riempiono l’Olimpico da due anni e mezzo a questa parte. Quelli che lo osannano e sanno che una Roma senza Mourinho sarebbe sicuramente più noiosa. Perché egli ha incarnato lo spirito romanista della sua gente, ha condotto battaglie e ne ha vinta pure qualcuna. E poi c’è il bilancio, e questo non può sfuggire ai Friedkin. Le tre voci di principale miglioramento portano ai ricavi portati dallo stadio (sold out appunto), plusvalenze (e torniamo ai giovani lanciati) e cammino europeo. Tutte voci riconducibili al lavoro di Mourinho. Che nonostante le difficoltà di una rosa corta e malata era quarto in classifica fino alle 18,30 di domenica scorsa. Mou è cambiato, oggi non è più solo il tecnico dei top player. Ha dimostrato di saper lavorare coi giovani e di saper stimolare quei calciatori che prima viaggiano su binari mediocri: da Mancini a Cristante passando per lo stesso Smalling. Averlo meno arrabbiato e meno pretenzioso è un lusso che nessun club ha mai avuto. Il pollice in giù: se è vero che l’Olimpico è tutto con lui, c’è anche una parte di piazza che rumoreggia per un gioco che non convince e i risultati in campionato che vivono di (pochi) alti e molti bassi da quando il tecnico siede sulla panchina. Non piace l‘atteggiamento rinunciatario di alcune sfide: vedi la sconfitta di Milano con l’Inter, ma pure quella di Bologna. Non entusiasma il dover sempre cercare la rimonta impossibile, il che porta molti calciatori a dover dare spesso muscoli e caviglie alla causa. L’arrivo di un tecnico più propositivo potrebbe colmare quel gap con le big e restituire più spettacolo alla manovra. Almeno in campionato. In più c’è uno stipendio ricco da discutere, uno stipendio che è il triplo di quanto percepirebbe un Palladino di turno. Poi c’è l’aspetto diplomatico. Perché Mourinho in questi anni si è messo contro tutti i palazzi possibili: Uefa, Aia, Figc. La Roma è poco tutelata e il tecnico spesso finisce squalificato prendendosi una vetrina che non porta risultati. Anche il rapporto con la parte “meno forte” della squadra ha portato spesso a corto circuiti. Gli attacchi pubblici alle riserve e ai giocatori meno impiegati non sono piaciuti a tutti. Compresi i Friedkin che hanno visto una svalutazione di alcuni cartellini. Insomma i dubbi ci sono, legati in particolare a una classifica di serie A che vede la Roma ormai galleggiare tra quinto e settimo posto. E senza Champions non si va in Paradiso.
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