Storie, Nicolò Carosio la prima voce del calcio

14 Settembre 2024 alle 00:24

Nicolò Carosio è stato un giornalista, telecronista sportivo e radiocronista italiano; effettuò per trentasette anni la cronaca degli incontri della nazionale italiana di calcio. Era nato a Palermo il 15/03/1907, morì a Milano il 27/09/1984: ricoverato da tempo nella clinica “Città di Milano” per disturbi polmonari, non resse a una crisi respiratoria. Lasciò la moglie, Eugenia Zinelli, e due figli, Paolo e Giovanna. È stato tumulato in un colombario del Cimitero Monumentale di Milano. Questa è la la storia di un uomo che di fatto inventò i mestieri di radio e telecronista sportivo. Il modo di narrare il calcio non è sempre stato quello che conosciamo. Se oggi la pratica della cronaca in diretta è prassi lo dobbiamo proprio a lui, che ha lasciato un segno indelebile (poi diventato linea guida) nel modo di raccontare il calcio. Una storia che rappresenta un’autentica chicca del giornalismo sportivo italiano. E’ stata l’Inghilterra a segnare la sua vita e la sua carriera. Mentre si trova nel Regno Unito con il padre, ispettore di dogana in viaggio per lavoro, ha modo di ascoltare le radiocronache calcistiche della BBC. I giornalisti inglesi commentano la partita una volta conclusa. È allora che nasce l’intuizione geniale di Nicolò Carosio: raccontare la partita in diretta, nel corso del suo svolgimento. Il siciliano cerca di portare avanti questa idea in patria proponendosi all’EIAR, la Radio di Stato. Comincia così la sua carriera da radiocronista lavorando come collaboratore esterno, nel 1933, a Bologna per l’amichevole Italia-Germania. Un anno dopo vara per la Radio di Stato la radiocronaca del Mondiale italiano del 1934, vinto proprio dal paese ospitante. Si ripeterà anche in quello francese del 1938, vinto sempre dagli azzurri. Inaugura anche la tradizione della telecronaca italiana con la Rai nel 1954, con la prima partita trasmessa in diretta della Nazionale Italiana: Italia-Egitto 5-1, per le qualificazioni ai Mondiali in Svizzera. Seguiranno poi vari altri incarichi tra Coppe dei Campioni e Mondiali, in cui spicca il suo ruolo come uno dei primi storici radiocronisti della celeberrima trasmissione radio Tutto il calcio minuto per minutovarata da Radio Rai nel 1960. Pensionato nel 1971, commenta le partite di calcio per emittenti private. Metteva calore ed enfasi nelle sue narrazioni, come se fosse lui stesso a partecipare al match: per indicare l’andamento noioso di una partita, eccolo incalzare con “Ma dove siamo? Questo è calcio da salotto”. Molto spontanea anche l’espressione “Poche storie, alzarsi e correre!” a rimproverare un giocatore caduto per un contrasto a suo parere non vistoso. Lo stile linguistico del leggendario radiocronista non passò inosservato nemmeno al suo primo intervento in televisione nel 1954, con l’iconico “Quasi goal!” a sottolineare una conclusione di poco fuori. Un episodio oscuro e controverso infangò la sua carriera  e avvenne ai Mondiali messicani del 1970, durante la telecronaca di Italia-Israele. Il match, finito 0-0, aveva visto l’annullamento per fuorigioco di un gol regolare per gli azzurri, decisione presa dal guardialinee etiope Sejum Tarekegn. Il telecronista si riferì a lui per 2 volte con “l’etiope”. Tanto bastò a scatenare l’indignazione dell’ambasciata etiope a Roma, che chiese provvedimenti. Così venne sostituito dal vice Nando Martellini per il resto dei Mondiali. Fu definitivamente defenestrato dalla Rai. Ad infangare ancora di più la reputazione fu la leggenda metropolitana che si diffuse pochi giorni dopo, secondo la quale il palermitano avrebbe dato del negraccio, negro al guardalinee. Le accuse di razzismo investirono il cronista e il caso rimase avvolto nel mistero fino a quando Massimo De Luca analizzò la vicenda vari anni dopo nella trasmissione La Domenica sportiva: mostrò le sequenze della telecronaca, dove, oltre a Etiope, non si sentono altre parole riferite al guardialinee. Il giornalista e conduttore della trasmissione ipotizzò che Nicolò Carosio avesse scelto di citare la nazionalità del giudice di linea per esprimere il suo risentimento nei confronti di una figura da lui ritenuta non abbastanza esperta perché all’epoca il calcio africano aveva pochi o inesistenti contatti con quello Europeo e quello Sudamericano, più affermati e popolari.

di Cristiano Mezzi
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